Per CORE è prioritaria l’esigenza di finanziamento della ricerca “indipendente”, ovvero lontana dagli investimenti dell’industria privata (sia farmaceutica che elettromedicale), improntati – in modo peraltro del tutto legittimo – all’ottica profitto e alla ricaduta commerciale, dalla quale possono quindi essere scartati progetti buoni, ma non abbastanza interessanti dal punto di vista economico, come molte ricerche orientate all’outcome, cioè agli esiti delle cure.
La sanità di oggi è molto concentrata sull’analisi delle prestazioni, in termini di ricoveri e/o di procedure, della loro quantità e dei relativi costi, ma non riesce ancora a porre la stessa attenzione all’appropriatezza e all’efficacia, cioè a chi e come l’assistenza viene prestata. Una ricerca centrata su questi due aspetti non trova finanziamenti da parte dell’industria, mentre sarebbe il terreno d’investimento ideale per la Sanità Pubblica e per altri soggetti quali la nostra Onlus.
Un esempio importante riguarda uno studio appena concluso proprio grazie ad un finanziamento “blind trust” da parte di Roche, che ha consentito di finanziare una ricerca condotta su tutto il territorio della ASF in collaborazione con i medici di famiglia della Cooperativa Leonardo. Sono stati coinvolti 1300 cittadini non cardiopatici ma ipertesi e diabetici, quindi a rischio di scompenso cardiaco, una condizione a prognosi sfavorevole se non ben curata ed ancora sottovalutata. A ognuno è stato effettuato un prelievo ematico per verificare i livelli di un ormone prodotto dal cuore in caso di scompenso, il BNP. E’ stato poi correlato questo valore con il risultato del percorso classico per la diagnosi di scompenso cardiaco, costituito dalla visita cardiologica con elettrocardiogramma ed ecocardiogramma. Mediante questo semplice prelievo è stato possibile individuare precocemente coloro che hanno già una cardiopatia, ma soprattutto è stato dimostrato che quando il BNP resta al di sotto di un determinato valore è certo che il paziente non ha uno scompenso cardiaco. In questo modo il medico di famiglia ha in mano uno strumento semplice, affidabile e a basso costo per individuare, tra coloro che sono a rischio di cardiopatia, chi conviene inviare dallo specialista cardiologo e chi no. E’ facile intuire le ricadute in termini di appropriatezza dei percorsi diagnostici, di governo delle liste d’attesa e, in ultima analisi, di contenimento dei costi. Questi importanti risultati, in via di pubblicazione, saranno presentati il prossimo giugno in Germania al congresso europeo dedicato allo scompenso cardiaco